Incontro Gaspare De Lama in un tiepido pomeriggio di autunno. Mi accoglie nella sua casa fronte lago – il lago di Lecco – dalla vista impagabile specie in una giornata come questa, con il cielo così terso e luminoso. Ma non sono qui per il paesaggio. Ho chiesto e ottenuto un’ intervista, per conoscere da lui la sua verità su una delle vicende ufologiche più discusse e controverse degli ultimi 50 anni: il Caso Amicizia.

“Io mi interessavo già di Ufo, come ufologo dilettante “- comincia il suo racconto. “All’epoca non c’erano riviste che ne parlassero. Un giorno vedo un libro, scritto dal console Perego, che è stato il primo ad aver davvero capito tutto. Gli ho scritto, è venuto a Milano a casa mia a trovarmi con i suoi libri, sono diventato molto amico. Era un uomo stupendo, un idealista magnifico. Da ultimo lo mandarono in Brasile, a Belo Orizonte: l’hanno relegato là perchè parlava di Ufo, negli ambienti diplomatici lo chiamavano il ‘console pazzo’. È stato lui a farmi capire tante cose.

In seguito ho trovato un articolo su un settimanale e ho scritto al giornalista una lettera semplicissima.  Dopo qualche giorno, ho ricevuto una sua telefonata: chiedeva di vederci. È venuto a casa mia la sera stessa, c’era anche mia moglie: un tipo molto simpatico, molto affabile. Mi ha detto tutto: mi ha parlato di basi aliene, ripetendomi le stesse  cose che mi aveva detto Perego. Qualche giorno dopo, mi ha fatto conoscere Bruno.”

Il console, il giornalista e Bruno- ovvero, Bruno Sammaciccia. Grazie a loro, Gaspare De Lama viene a conoscenza di una realtà a dir poco incredibile: un gruppo di extraterrestri, insediati in una base sotterranea in Italia, si è manifestato ad alcuni giovani di Pescara. Il contatto avviene nella primavera del ’56, durante un’escursione ( con tanto di mappa del tesoro) che Bruno compie con gli amici Giulio e Giancarlo alla Fortezza Pia, una rocca che domina Ascoli Piceno. I tre vengono avvicinati da due esseri in tutto e per tutto dall’aspetto umano, ad eccezione delle loro dimensioni: uno è alto poco più di un metro, l’altro circa tre.

Dopo questo primo incontro, ne avvengono molti altri ai quali partecipano sempre più persone. Il gruppo degli amici si allarga con il passaparola e ne entra a far parte anche Gaspare De Lama insieme a decine di altri “insospettabili”: professori, ingegneri, operai, giornalisti, impiegati, casalinghe, persino (dicono…) un futuro Premio Nobel.  Tra di loro li chiamano “W56”- anche se il vero nome degli alieni è Akri, “Gli elevati” in sanscrito. Ma all’esterno non trapela nulla: per decenni l’intera vicenda rimarrà un segreto. Il Caso Amicizia diventa pubblico solo nel 2007, quando Sammaciccia, poco prima di morire, chiede all’amico Stefano Breccia di mettere per iscritto quei fatti straordinari di cui era stato testimone per mantenerne per sempre il ricordo. Il libro “Contattismi di massa” svela la storia al mondo e scatena una ridda di polemiche.

Un racconto assurdo, testimoni inaffidabili, totale assenza di prove: gli scettici mettono in dubbio l’intera vicenda e gettano discredito su alcuni dei protagonisti. Sembra una grande truffa o un colossale scherzo, anche se non si sa bene a vantaggio di chi e per quale scopo. Ma adesso davanti a me c’è un uomo che quelle esperienze dice di averle vissute davvero e ne serba ancora un ricordo vivido, a distanza di tanti anni. Esperienze che lo hanno segnato e cambiato, ma che di certo non lo hanno fatto nè arricchire nè reso famoso. Ecco perchè sono qui: per ascoltare.

“Tra noi non c’erano capi o sottocapi, ma Bruno era colui che teneva un po’ le fila. Aveva anche un nucleo impiantato da loro vicino all’orecchio, come se fosse una specie di cellulare, con il quale poteva ricevere telepaticamente. Era un uomo stupendo, molto caliente, molto colto, devoto di San Francesco e dei frati francescani.  Mi ha tenuto per mano fino alle fine di questa mia esperienza durata 5 anni- alla quale devo molto, devo tutto. Davanti a lui ho cominciato a vedere i loro apporti, quando pioveva giù dal soffitto del materiale, ad esempio bobine con le loro voci incise, con le indicazioni su cosa fare, oppure erano loro a richiedere la frutta – interi camion di frutta che sparivano …”

Ecco alcune delle assurdità che hanno dato gioco facile ai detrattori. La storia del Caso Amicizia è fatta anche di questi particolari quasi paradossali: gli Alieni domandavano ai loro compagni umani derrate alimentari, oppure barili di acqua. I Tir venivano parcheggiati in un determinato punto e mentre gli autisti venivano distratti con la scusa di bere un caffè, l’intero contenuto veniva smaterializzato in un istante. Scompariva letteralmente alla vista, in una sorta di teletrasporto ante-litteram, qualche anno prima che gli autori di Star Trek lo inventassero…

Fatti pazzeschi, avvenuti anche sotto gli occhi di De Lama. ” Io sono sincero – ammette ora – a volte mi sono venuti dei dubbi: perchè mai degli esseri con tecnologia così avanzata avevano bisogno di acqua,  con il mare lì di fianco? Forse ci mettevano alla prova, per verificare la nostra devozione nei loro riguardi, la nostra premura. Ho anche pensato che fosse tutto un teatrino, una messa in scena. Ma quando pensavo così, mi si accendeva la radiolina che avevo sempre con me, compariva la voce di Sigir o di un altro personaggio che chiamavamo Dimpietro, che diceva:”Gaspare, cambia pensieri!” Al che, io mi vergognavo come un bambino piccolo, sorpreso con le mani  nel vasetto della marmellata. A volte proprio indovinavano i miei pensieri, altre volte invece io facevo domande alla radiolina e loro mi rispondevano, come se la radio fosse anche ricevente…”

Immaginate la scena: sono i primi anni ’60, avete una radiolina a transistor sul tavolo e all’improvviso, da lì, anzichè sentire il notiziario o una canzone, si manifesta una voce che vi legge nella mente. E Gaspare De Lama, con il candore- ancora oggi- di un bambino mi sta dicendo che le cose andavano proprio così. Come poteva non credere che quelle entità venissero davvero da un altro mondo? Non solo. Per dargli un’ ulteriore prova della loro superiorità, i W56 accettarono di mostrare le loro astronavi nel luogo e nell’ora stabilita da Gaspare, per dargli modo di portare con sè una cinepresa e una macchina fotografica. Immagini eccezionali, tuttora esistenti.

“Più che dischi volanti da trasporto, dovremmo chiamarli laboratori volanti. Ogni astronave ha una sua funzione: alcune sono piccole e servono solo da ricognitori. Ce ne sono di diverso tipo. Tra l’altro, una volta domandai se erano solo loro ad agire sulla Terra e mi risposero che essi facevano parte di una Confederazione: di tutti gli Ufo che si vedevano nei nostri cieli, solo un 5% apparteneva ai W56. Nelle basi italiane c’erano circa 200 alieni. Poi abbiamo saputo che avevano basi anche in Austria, Argentina, Svizzera, Francia, forse anche in Inghilterra e in Russia. Ovunque avevano le stesse finalità e si presentavano con gli stessi nomi: Sigir, Saiù, Meredir…”

Le stesse finalità. Ma quali? Cosa voleva questo gruppo di Extraterrestri dai loro amici umani? Perchè si trovavano sulla Terra? Da quanto tempo e per quale scopo? Più ci si addentra con gli interrogativi, più la storia assume i connotati di un film di fantascienza. Eppure, decine di persone sane di mente, di cultura media se non addirittura elevata, uomini e donne come noi, ne furono testimoni oculari e non ebbero alcun dubbio di vivere dei fatti reali. Scelgo di continuare ad ascoltare, senza pregiudizi e con il massimo rispetto.

“La Terra è un pianeta che loro chiamano madre perché è uno dei 50-60 pianeti della nostra galassia che danno la vita. Cioè, danno l’ uomo. I W56 dicevano che sulla Terra si sono succedute 6 diverse civiltà che si sono autodistrutte, per colpa di guerre o per disastri ecologici. L’ultima di queste civiltà conosceva già il volo spaziale, meglio di quello attuale, e una piccola parte è riuscita a salvarsi viaggiando fino ad un altro pianeta. Attraverso i millenni si sono evoluti, sono cresciuti in altezza, vuoi per la forza di gravità diversa, vuoi perchè l’evoluzione spirituale porta anche ad un certo gigantismo- hanno detto. Fatto sta che alcuni di loro si sono evoluti e sono stati accolti nella Confederazione Galattica. Sono coloro che noi abbiamo chiamato W56: essi sono sia ex terrestri che extraterrestri, perché si sono mischiati… è una storia complicata!”

Complicatissima, come il loro concetto di Uredda- il vero motivo, forse- della loro presenza tra di noi e la causa finale della loro scomparsa. Il signor De Lama me lo spiega così: “Era apparentemente il vero scopo del loro esperimento con noi- io lo definisco in questo modo, anche se non è la parola giusta. L’Uredda è l’energia dell’amore. I W56 conoscono una dozzina di diversi tipi di energia che non non conosciamo e che loro sfruttano per i loro mezzi. L’amore è energia, l’odio è energia e lo siamo anche noi: sembriamo di materia, ma la materia è energia, tutto è energia.

L’Uredda è l’energia che scaturisce dall’amore e  a loro serviva per alimentare i loro strumenti, per ricreare l’aria  nelle basi, per far volare i loro velivoli. Fintanto che la producevamo volendoci bene, essendo amici, rispettandoci ed essendo uniti,  tra di noi e verso di loro, insomma, finchè questa energia l’abbiamo alimentata, le cose sono andate avanti. Ma con il passare degli anni, l’ego di ognuno di noi è tornato a galla, abbiamo iniziato a soffrire di gelosie reciproche, di invidie, che poi si sono addirittura trasformate in odio. E allora si è rotto qualcosa. L’Uredda ha iniziato a scemare e i W56 se ne sono dovuti andare perchè gli strumenti e l’aria stessa nelle basi non erano più alimentati. ”

Una doppia sconfitta. Perchè la fine dell’esperienza di Amicizia coincide con la battaglia decisiva contro un altro clan di alieni, soprannominati “I Contrari” o CTR: i W56 vengono battuti dai loro nemici e lasciano le loro basi italiane. È il 1978: è l’anno in cui si registra un picco di avvistamenti Ufo in tutto il Centro Italia, ma anche l’anno delle misteriose luci che emergono dall’ Adriatico terrorizzando i pescatori e mettendo in allarme la Guardia Costiera. Solo una coincidenza?

Inutile chiedere a Gaspare De Lama che aspetto avessero gli Alieni con i quali è sicuro di aver interagito per circa 5 anni, a partire dal 1960. Lui li sentiva solo, non li ha mai visti di persona, non è mai sceso nelle loro basi, non è mai salito sui loro dischi volanti, come altri protagonisti di questa vicenda raccontarono di aver fatto. Ma i fenomeni ai quali tuttora non riesce a dare una spiegazione lo hanno convinto che non potessero essere altro che creature superiori. La smaterializzazione dei camion di frutta non è l’unico episodio avvenuto sotto i suoi occhi ed impresso per sempre nella sua memoria.

“Succedeva che un oggetto messo sul tavolo, appositamente per loro, aveva un piccolo brillamento, una specie di luce, e poi di colpo non c’era più. Gli apporti invece si materializzavano a un metro dal soffitto e piovevano giù. Se erano leggeri, di carta, cadevano anche addosso, sulla testa, e di solito erano leggermente bruciati e anneriti nei bordi. Se invece erano bobine, filmati od oggetti più pesanti erano tiepidi, decisamente tiepidi. Mi ricordo poi che dopo di me nel gruppo è entrata una famiglia svizzera. La figlia si chiamava Maya. Ad un certo punto era stata male-  aveva avuto infezione ovarica mi sembra- era stata in ospedale, ma non c’era una cura adatta. L’hanno curata loro, una sera, su un lettino di casa nostra. Ci hanno fatto comprare un filo di rame, l’hanno messo intorno alla ragazza e l’hanno operata. Il giorno dopo era completamente guarita.

E così hanno curato anche altre persone, sebbene ci dicessero che non erano nè perfetti, nè infallibili. Infatti sono avvenuti anche fatti negativi. Uno dei tre che ebbe il permesso di entrare nelle loro basi, alla fine,  uscì fuori di senno. Con noi diceva cose assurde e gli Amici dicevano di non poter far nulla per lui. Il suo cervello non aveva retto. Giocano tanti fattori, incluso la cosiddetta “sindrome del contattista”. Quando le entità salutano e se ne vanno, il contattista si trova solo e se non ha i nervi saldi continua a vivere quell’esperienza  da solo. Questo nostro compagno si era creato un mondo tutto suo, basato su fatti mai esistiti. È stato penoso”.

E poi, appunto, la radio. Un modello come tanti, comprato in un normale negozio di Milano, ma preparata da “loro”. Una volta appoggiata sul tavolo, racconta il nostro testimone, apparve una fiammella e da lì in poi l’apparecchio iniziò a funzionare da solo: all’improvviso si accendeva e si sentiva la voce di uno dei W56. “Anche se Bruno, una volta, mi ha detto che se avessero voluto avrebbero potuto manifestarsi in qualunque modo e luogo, anche in una stanza vuota, ma non lo facevano per non turbarci troppo.” Questo dunque era il modo con il quale comunicavano. Ma per dire cosa?

“Ah, dicevano tante cose…”, rammenta il signor Gaspare. “Raramente ci facevano qualche osservazione, ma sempre piena d’amore, molto delicatamente. La prima impressione che ho avuto, dentro di me, mentre parlavano, è stato sentire che mi trovavo di fronte a persone umane. Cioè, loro lo erano e noi non ancora… Ho sentito questa differenza, questo abisso tra loro e noi. Lo ricordo pienamente. A volte ci dicevano cosa occorreva loro, a volte rispondevano alle nostre domande.” Domande anche molto profonde, quelle alle quali da sempre l’uomo anela di trovare una risposta. Prima tra tutte: Dio esiste?

“Già… e la risposta è stata: Gaspare, mettiti in mente che noi siamo come un distaccamento militare: siamo qui per altri compiti e non per parlare di questo. Loro si ponevano tra noi e il mondo spirituale. Poi ho capito nel tempo la loro delicatezza. Perchè leggendo testi di spiritualità, ho scoperto che il Budda a chi gli aveva chiesto cosa fosse la verità aveva risposto; È ciò che funziona, ed è magnifico. Per me, per la mia dimensione, per il mio stato psicologico, funziona una data verità ed ho dei frutti vivendo in aderenza a questa verità. Diventa violenza stupida evangelizzare,  imporre la propria conoscenza. Così loro non hanno voluto intaccare quello in cui ognuno di noi credeva. Bruno ad esempio era un cristiano fervente, devoto di San Francesco. Io e mia moglie credevamo in altre cose. Non importava. Loro non sono mai intervenuti per dire se le cose stavano così o cosà. Forse non le avremmo neanche capite.”

Il discorso a questo punto si fa più elevato, quasi filosofico, dagli effetti sorprendenti. Ecco il punto di arrivo di De Lama:” In definitiva siamo un corpo solo: non solo la galassia, ma gli universi, è un tutt’uno. Anche il bene e il male in fondo sono la stessa cosa.  Ovvero, se tutto è  manifestazione divina, tutto è necessario:  il male è divino come il bene perchè senza il male non ci sarebbe il bene. Sembra blasfemo parlare così, ma sono realtà tanto superiori… I W56 ci dicevano che anche loro, nei loro cieli, vedevano astronavi enormi, che loro chiamavano ‘Astronavi di cristallo’. Erano di esseri o di entità che non volevano entrare in contatto con loro. Li vedevano, ma questi li eludevano: erano come per noi gli Ufo. Chissà se salendo succede così all’infinito…”

Gli Alieni degli Alieni… Un risvolto davvero inatteso che sembra evocare nozioni antiche, come quella dei Cieli, ognuno dei quali retto da Potenze Angeliche o Esseri Spirituali sempre più elevati rispetto al precedente. Insomma, esisterebbe una specie di scala cosmica, dove ad ogni gradino in sù corrisponde un livello di evoluzione, consapevolezza, tecnologia sempre più elevate e sempre meno intellegibili. Superfluo aggiungere che in questa graduatoria noi ci collocheremmo al punto più basso. E quello che dalla nostra ottica limitata viene banalmente giudicato come giusto o ingiusto, buono o cattivo, da un punto di vista universale assume tutto un altro significato.

“Basti pensare ai Contrari, che noi chiamavamo CTR. Noi pensavamo che fossero il male, ma anche loro facevano parte di un’evoluzione.  Infatti abbiamo saputo che alcuni dei W56 sono passati nelle file dei CTR e viceversa. Proprio come facciamo noi , che disgustati dalla sinistra passiamo alla destra o viceversa. Io domandavo: ma cosa vogliono? Bè, è già difficile capire nei meandri la politica italiana, figuriamoci quella galattica, è una pretesa pazzesca! Ma loro cercavano di spiegare in parole povere e mi dicevano: Quelli che tu chiami CTR, se c’è un pianeta che per sua natura ostacola il volo spaziale o che ha delle vibrazioni negative, se è disabitato hanno i mezzi tecnologici per distruggerlo. Noi invece non siamo così, cerchiamo di aiutare, noi rispettiamo la natura.

Per quello che concerne la Terra, poi, siccome è già scritto nel nostro DNA che se  riusciremo ad evolverci potremo unirci a questa Confederazione Galattica nella quale si trovano i  W56, i CTR cercano di impedirlo. Vorrebbero che la Terra continuasse così, tra guerre, violenze, sfaceli. Vorrebbero la morte di milioni persone perchè siamo troppi. Ed è un andazzo che va avanti da secoli, con l’aiuto della cricca dei potenti che ci governa, per fermare lo sviluppo del pianeta, per rallentare la nostra evoluzione ed impedirci di far parte della Confederazione. E i CTR lo farebbero anche con molti altri pianeti alla nostra stregua. È una storia che mi ha lasciato un po’ perplesso, ma era una spiegazione semplificata, giusto per farmi capire pressapoco. Sono concetti  più grandi di noi, troppo difficili. Per questo io ho avuto spesso l’impressione che fossimo parte di un esperimento.”

Un esame continuo. Quello che i W56 chiedono ai loro amici umani a volte sembra senza senso. “Una volta mi hanno detto di andare in un bosco, in piena notte, su una collina dell’entroterra abruzzese. Dovevo star lì con la mia radiolina, Sigir mi parlava e mi diceva di non aver paura. Attorno a me c’erano dei focherelli che si accendevano, nel raggio di 2 metri e mezzo. Non temere, non ti possono far niente, i CTR fanno così per spaventarti. Ma io avevo più paura del buio della notte e delle fronde che di quei  focherelli lì! E tra me dicevo: ma come, vengono da distanze incommensurabili per fare dei focherelli attorno a me??  Quindi, sì, certo, ho avuto dei dubbi che fosse una messa in scena. Ancora adesso mi chiedo che per caso non  abbiano fatto esperimenti sulla nostre psiche.

Poi, siccome la parola fiducia esiste, ad un certo punto gliela ho data a questi Esseri, perchè erano talmente pieni d’amore, talmente belli quando parlavano con me, quando mi redarguivano o mi sostenevano, quando rispondevano alle mie domande… Ho  vissuto tante esperienze incredibili, non me le dimentico! Non avrei potuto rimanere con Bruno e con gli altri se non mi fossi fidato. Infatti quando ho avuto dei dubbi sulle facoltà di Bruno, me ne sono uscito, perchè non mi piace fingere, non ne ero capace. Mi piangeva il cuore, perchè ci sono stati momenti brutti, momenti tristissimi e tragici, quando io me ne sono andato. So che la cosa è proseguita ancora un po’, ma poi è finita.

Io credevo che fosse un insuccesso da parte di noi terrestri, che non eravamo riusciti nell’intento. Ma poi ho avuto uno strano incontro con una signora di Bologna, una  psicoterapista, che era in contatto con queste entità per suo conto. Un giorno ha ricevuto un messaggio da un certo Sigir che le ha detto: Vai da Gaspare. Così è venuta qui,  in questa stanza, e tramite lei Sigir mi ha detto: Non è stato un insuccesso, perchè il tempo per cui l’esperienza è durata per noi è stato sufficiente per poter proseguire il nostro aiuto in altri modi più sottili per voi e per il pianeta. Io mi sono un po’ commosso…”

Un po’ mi sto commuovendo anch’io, guardando quest’uomo che racconta quei fatti fuori da ogni logica con uno sguardo quasi trasognante e il sorriso che si allarga sul volto. E penso che non deve essere stato facile portare questo peso per tutti questi anni. Perchè è stato un grande fardello: prima, la consegna del silenzio, osservata da tutti, quando avrebbero forse desiderato urlare la verità al mondo intero; poi, una volta che il Caso Amicizia è diventato noto per volontà di Sammaciccia, a gravare su di loro sono stati discredito, derisione, compatimento, attacchi e varie amenità del genere. Non deve essere stato facile e non lo deve essere neppure ora parlare di Alieni, dischi volanti, teletrasporto, smaterializzazione, sapendo che chi ti ascolta nove volte su 10 crede che tu sia pazzo o bugiardo. Chissà cosa penserebbero ascoltando come i W56 compiono i loro viaggi interstellari…

“Il loro pianeta è vicino al centro della galassia, non so il nome. I nostri scienziati l’avranno chiamato con una sigla astrusa. Basti dire che per arrivare da noi si disintegrano in loco e si reintegrano qua, è immediato. Usano astronavi, quelle che noi chiamiamo i sigari volanti, che sono enormi, lunghe anche 6 km con tutti i dischi volanti dentro, con diametro di 700-800 metri.L’astronave si disintegra con tutti i passeggeri dentro e si reintegra qua, fuori dall’atmosfera, perche se lo facesse qui con la sua potenza spegnerebbe le nostre centrali elettriche, uno sconquasso.

Il procedimento dura un millesimo di secondo o mezzo secondo, però specialmente i corpi umani devono restare immobili, non so se all’interno di macchinari, perchè gli atomi si devono raffreddare e devo star fermi per un quarto d’ora. Considerando anche questo tempo di attesa come un tempo di viaggio, insomma, in un quarto d’ora sono qui. E poi da una certa distanza nella ionosfera scendono giù quelli che chiamiamo Ufo. Oltre a quella di Pescara, avevano anche altre basi, ma noi all’epoca non lo sapevamo. Quella di Pescara aveva il suo ingresso sotto Ascoli Piceno, era 20-30 km sotto terra, e proseguiva fino a Rimini. La creano spostando gli atomi della roccia: diventano più compatti e formano questi spazi vuoti in un battibaleno.”

Il pomeriggio sta per terminare, ormai la nostra chiacchierata va avanti da quasi due ore. Prima di congedarmi, chiedo a Gaspare De Lama di guardarsi dentro e di dirmi cos’è stato, per lui, il Caso Amicizia. Insomma, un bilancio che nelle sue parole diventa un messaggio di speranza. “Prima di tutto un’esperienza per me unica. Non avrei mai pensato di poterla vivere… Mi ha arricchito, mi ha fatto proseguire su una certa strada, non ho più tralasciato quella parte di noi che vive d’amore. Ho imparato a seguire più il cuore che la mente e ci vuole coraggio perchè si diventa più vulnerabili. Forse senza i W56 forse sarei stato un po’ addormentato. Quello che mi dispiace di questa umanità è che di questa vita ne fa una tragedia anzichè una gioia. Non siamo cattivi, ma dormiamo.

Lo facevo anch’io. Il sistema ci bombarda,  ci si avvilisce senza accorgersene. Invece per nascita, per diritto di creazione, ci spettano cose meravigliose! Ora ci sembra un’utopia, ma questa gente mi ha fatto capire che loro ce l’hanno fatta. E sono qui per aiutarci. È bello saperlo! Certe volte mi sento disarmato, perchè penso che vanno troppo lenti, ma poi mi rendo conto che c’è una sensibilizzazione sotterranea, strisciante, alla quale contribuisce anche  l’inconscio cosmico: siamo tutti collegati nonostante le distanze. Siamo talmente un tutt’uno che l’evoluzione dei pianeti più avanti di noi risente della nostra fase di decadenza.

I W56 sono fratelli superiori a noi in evoluzione, ma sono in carne ed ossa come noi. Hanno avuto una storia con alti e bassi, hanno corso i loro rischi, ma ce l’hanno fatta e ora sono arrivati ad un certo stadio evolutivo per il quale si può essere felici avendo un corpo. Basti dire sul loro pianeta la felicità suprema è rendere gli altri felici. Noi non ci siamo, non fa parte di noi.. Anche loro sperimentano la morte, ma non è come la nostra, per malattia: dopo 2-3 mila anni le loro cellule, che si possono rigenerare, li fanno apparire come siamo noi a 60 anni. Ma quando hanno esaurito le loro esperienze nella loro dimensione hanno delle apparecchiature che agevolano il trapasso e non hanno paura, perchè essendo più consapevoli hanno memoria e si ricordano le vite precedenti.

Se lei si ricorda il vestito che indossava ieri, è sicura di avere altri vestiti nel suo guardaroba, quindi non teme – se cambia questo- di non averne altri… Così vale per loro: non hanno paura della morte, sanno che dopo c’è un’altra realtà. Su questo pianeta io vedo lei e questo muro, e pensiamo che tutto finisce qui. No, io ho potuto constatare che esiste dell’altro- che è esaltante, ma anche disarmante, perchè sento che c’è un abisso tra noi e loro.
Ma se loro ce l’hanno fatta, ce la faremo anche noi.”

SABRINA PIERAGOSTINI