CAP. 13: “Rapiti dagli ET” (pagg.230-234)
(…) «Chi viene da me dicendo di essere stato rapito dagli Alieni, di solito ha visto troppi film», conferma il dottor Vincenzo D’Amato. Chi sperimenta davvero queste esperienze, invece, non ne è consapevole e si rivolge a un medico o a un terapeuta perché prova una condizione di disagio, ha incubi notturni, vive varie problematiche. «La mente razionale codifica poche informazioni e ne archivia ancora di meno, solo quelle necessarie; invece, l’inconscio memorizza tutto, anche le percezioni extrasensoriali e le mette in archivio per l’eternità» dice D’Amato. «Quindi, quelle memorie si possono recuperare: con l’ipnosi si torna indietro nel tempo e a quello che la mente razionale ha cancellato».
D’Amato sposa in toto le teorie avanzate da Rick Strassman, medico e psichiatra di Los Angeles che negli Anni Novanta ha guidato una ricerca per studiare gli effetti di alcune droghe sulla mente umana. In particolare, il dottor Strassman ha condotto esperimenti con cavie umane sottoposte all’azione della Dimetiltriptamnina, di solito abbreviata con la sigla DMT, una potente sostanza allucinogena naturale che si trova in centinaia di piante ma anche nel tessuto polmonare dei mammiferi. Durante i cinque anni di studio, sono stati evidenziati gli effetti biologici e psicologici indotti dalla DMT che attivando i recettori della serotonina provoca fenomeni assimilabili a quelli tipici dell’esperienza religiosa, come visioni, voci, intuizioni ed emozioni intense, oltre a uno stato dissociato della coscienza. Più della metà dei volontari coinvolti sostenne di aver interagito con creature non umane. Strassman definì la DMT “la molecola dello spirito”1 e ipotizzò che la sostanza psicotropa fosse prodotta, in particolari momenti e condizioni, dalla ghiandola pineale: è una minuscola ghiandola endocrina a forma di pigna, lunga un centimetro e del peso di circa mezzo grammo, che si trova nell’epitalamo, nella parte posteriore del cervello, e che regola, secernendo melatonina, il ritmo circadiano di sonno-veglia. Anni dopo, nel 2013, altri ricercatori hanno effettivamente individuato tracce di DMT nella ghiandola pineale dei topi di laboratorio.
Secondo l’ipnoterapista, proprio in questo punto ci sarebbe il punto di apertura e di connessione con l’energia universale. «La DMT viene prodotta solo se ci sono scariche di catecolamine, cioè di adrenalina e noradrenalina, cosa che avviene nei momenti di forte stress. Arriva una scarica, la ghiandola pineale rilascia la DMT che tramite il condotto spinale arriva direttamente al cervello e come effetto immediato cambia la nostra frequenza. Così riusciamo ad entrare in relazione con corpi sottili ed entità energetiche che normalmente non possiamo a percepire con i nostri 5 sensi», sostiene Vincenzo D’Amato. «Sempre in questo modo, entriamo in comunicazione diretta con il nostro inconscio, una sorta di contenitore senza spazio e senza tempo in tutti resta conservato per sempre.» La trance ipnotica sarebbe in grado di aprire questa connessione.
In Italia, per indurla si ricorre solitamente alla tecnica ericksoniana (quella classica, che comporta un graduale rilassamento), ma si può utilizzare anche il mesmerismo (da Franz Anton Mesmer, il medico tedesco che nel 1700 teorizzò il magnetismo animale), oppure la fascinazione attraverso lo sguardo. Ci sono vari segnali che provano lo stato di ipnosi: le palpebre si aprono e si chiudono molto velocemente; il bulbo oculare si muove in modo irregolare; aumenta il volume delle giugulari, per l’accresciuto flusso sanguigno al cervello; le estremità del corpo, mani e piedi, si raffreddano; infine, subentrano catalessia e letargia. Tutte condizioni impossibili da simulare. A questo punto, l’ipnoterapista, con domande guidate, cerca di far riaffiorare l’accaduto. «Quando parte il ricordo della scena vissuta, ritornano le emozioni e anche il corpo inizia a parlare. Una volta, all’inizio di una sessione per ricostruire una abduction, un mio paziente è tornato indietro fino alla Francia del 1700 e ha rivissuto una rapina culminata con una coltellata al fianco sinistro e si è messo a piangere. Poi per le due ore successive abbiamo lavorato sul rapimento alieno. Alla fine della sessione, mi ha mostrato una cicatrice, proprio sul fianco sinistro, che aveva fin da bambino e che spesso gli provocava dolore, ma di cui non sapeva spiegarsi l’origine. Qualche giorno dopo, mi ha detto che la cicatrice si era attenuata e il dolore era sparito. Succede sempre così, quando c’è un nodo irrisolto crea disagi, paure, fobie. Se si torna all’evento che lo ha generato e si riesce a destrutturarlo, il problema si risolve e la paura scompare, anche in una sola seduta. Quindi riusciamo sempre a discernere una storia falsa da una reale.»
Le esperienze di abduction hanno caratteristiche molto ricorrenti. Alcune immagini, anzi, si ripetono identiche proprio come in un loop, in ogni parte del globo, anno dopo anno: il presunto rapito si sveglia all’improvviso e nel buio della sua stanza si accorge di essere osservato da inquietanti presenze; si vede fluttuare nell’aria, attirato da una luce grazie alla quale attraversa la parete; si ritrova in un ambiente sconosciuto, asettico, dalle pareti metalliche, sdraiato su un lettino d’acciaio, circondato da esseri all’aspetto più vario che comunicano in via telepatica e compiono operazioni mediche sul suo corpo. Situazioni fortemente negative, che provocano stati di ansia o veri e propri attacchi di panico in chi dice di averle vissute. Ma cosa vogliono da loro gli ET?
«Le finalità sono due: ci sono Extraterrestri che ci vogliono studiare per creare una razza superiore, conservando quello che hanno acquisito nella loro evoluzione (conoscenze, doti particolari, potenzialità speciali) e recuperando quello che è andato perduto, ovvero la loro parte animica, le loro emozioni, che noi ancora possediamo. Poi c’è l’intento procreativo, portato avanti dalla specie umana del futuro che viaggia indietro nel tempo, torna da propri antenati con un DNA compatibile per riprodursi, prelevando ovuli e sperma dai rapiti oppure, nel caso delle donne, fecondandole e asportando il feto durante la gestazione, di solito molto più breve di quella umana». Vincenzo D’Amato a questo punto si ferma: forse sul mio volto traspare un’espressione incredula, il mio sguardo è attonito. Allora prosegue: «Lo so, sono discorsi da fantascienza, ma il problema è che queste situazioni si ripetono spesso. Se hai un solo caso, lascia il tempo che trova. Se ne hai qualcuno, è interessante sul piano statistico. Ma quando i casi sono decine o centinaia, sempre con le stesse modalità, bisogna considerare che qualcosa stia effettivamente accadendo. Soprattutto quando ci sono dei riscontri oggettivi. Spesso gli addotti, al risveglio, presentano sul loro corpo graffi, lividi, tagli. A voler fare l’avvocato del diavolo, potrei pensare che si tratta di sonnambulismo: hanno urtato un mobile nel sonno e non se ne ricordano. Ma quando ti svegli e sul fianco hai stampato un codice a barre fatto sottopelle con degli aghi e con un simbolo sconosciuto, qualche domanda te la fai, specie se lo stesso episodio accade a più persone in diverse parti del mondo: la ripetizione ti costringe a formulare delle ipotesi».
Nel suo libro “Storie di Abduction”, il mental-coach ripercorre, in uno stile molto particolare, sospeso tra sogno e realtà, alcuni dei casi più anomali che ha seguito come ipnologo. Come la storia di Vittoria, a dir poco pazzesca. La donna si era rivolta a lui perché di notte si sentiva spesso come paralizzata. Inoltre, aveva sul collo di una crosta, tonda, grande come una monetina, e la ferita non si rimarginava mai. In passato, gli aveva confidato, aveva sofferto di una grave malattia del sangue dalla quale era improvvisamente guarita sorprendendo i medici. D’Amato iniziò con la regressione ipnotica: «Andando a scavare, abbiamo scoperto che era un’Arturiana, ossia proveniva dal sistema solare della stella Arturo che io, all’epoca, non conoscevo neppure. L’avevano mandata sulla Terra, in varie vite, per divulgare un messaggio di pace.
In questa ultima esistenza si era ammalata e gli Arturiani l’avevano prelevata per guarirla: quel buco in gola era il punto in cui inserivano una sonda per rigenerarle il sangue. Dopo varie sessioni ipnotiche, quella crosta si è ridotta progressivamente e poi è sparita. Nel libro ci sono le foto a testimoniarlo. Mesi dopo, però, si è risvegliata con segni rossi su entrambi i polsi: palesemente, lasciati da aghi o cannule per fare un prelievo. Di nuovo, procediamo con l’ipnosi e scopriamo che le avevano preso dei campioni del suo sangue per curare altre persone con lo stesso problema. Quindi, da un lato viveva l’esperienza negativa dell’essere umano che viene rapito e sottoposto a procedure mediche, dall’altro però è cresciuta in lei una grande consapevolezza: da quel momento in poi ha cominciato a canalizzare, ad avere contatti costanti e coscienti con i suoi Fratelli Arturiani. Continua a parlare di amore, di pace universale, di bontà e ora sa il perché.» (…)
[1] Questo è il titolo del suo libro, “DMT: The Spirit Molecule”, Park Street Press, 2001