Luis Elizondo è forse la figura centrale di questa fase di apertura e diffusione di informazioni prima precluse. Il pubblico ha iniziato a conoscerlo grazie a quell’articolo del “New York Times” che rivelava il progetto segreto del Dipartimento della Difesa americano guidato per un certo periodo proprio da lui. Elizondo alla stampa ha raccontato di aver lasciato l’incarico per divergenze sul modo in cui i suoi superiori intendevano trattare l’argomento. Dopo le dimissioni, ha aderito al progetto di Tom DeLonge ed è entrato nella dirigenza di To the Stars Academy in qualità di Director of Global Security & Special Programs. La presentazione della squadra di esperti e consulenti è avvenuta l’11 ottobre 2017 in una conferenza stampa a Seattle. Due mesi dopo, il mondo vedeva i filmati realizzati dai piloti della US Navy. Non è difficile ipotizzare che ad aver svolto il ruolo principale nel processo di divulgazione dei video sia stato Elizondo, l’uomo dell’Intelligence militare con svariati anni di esperienza – molta sul campo, anche in teatri di guerra mediorientali – che quando si è congedato ricopriva un incarico da generale a due stelle. Insomma, non un semplice agente, ma un altissimo dirigente.
Anche Luis Elizondo, dopo il clamore sollevato dall’articolo del 16 dicembre 2017, ha rilasciato varie interviste a giornali e tv, ogni volta ribadendo il suo punto di vista di “servitore dello Stato”: il suo interesse per i Velivoli Aerei Anomali è legato alle potenziali minacce che possono costituire e che al momento non possiamo escludere, visto che ignoriamo tutto su di essi. «Non hanno mai mostrato ostilità, ma qualcosa di inspiegabile deve essere sempre considerato una potenziale minaccia fino a quando non siamo certi che non lo sia. In base alle nostre osservazioni, è mia opinione e di altri che questo fenomeno sia assolutamente reale. Il lato positivo è che sono convinto che siamo più vicini che mai a capire come operi», ha dichiarato in un’occasione. Senza però sbilanciarsi troppo sulla possibile provenienza di questi velivoli tanto particolari. Non ha mai detto – tanto per essere chiari – che sono astronavi aliene.
Non l’ha fatto nemmeno quando è stato ospite a Roma di un convegno organizzato dal Centro Ufologico Nazionale il 27 ottobre 2018. Ma nel corso del suo intervento sono emersi alcuni elementi sicuramente degni di nota. A partire dalla premessa: «Sono un funzionario nel campo dell’Intelligence e membro delle forze armate. Ho trascorso una buona parte della mia carriera come agente speciale e investigatore e durante questo periodo ho compreso che i fatti sono più importanti delle opinioni. Per questo, ho sempre fatto del mio meglio per rimuovere le mie opinioni dai fatti e dai dati concreti. Desidero inoltre scusarmi con voi in anticipo se in certi casi le mie risposte vi appariranno evasive o eccessivamente generali: sono tuttora vincolato dal mio giuramento di protezione delle informazioni classificate». Quindi, le informazioni rilasciate finora al pubblico sono solo quelle che è stato autorizzato a rilasciare. Ha poi proseguito con un rapido excursus sulla storia dell’interesse del governo americano nei confronti degli UAP, dai foo fighter in poi, citando il caso Roswell («Chi di voi ha familiarità col mondo dell’Intelligence sa che una risposta militare è generalmente proporzionata all’importanza dell’incidente e la caduta di un pallone meteorologico normalmente non è tale da smuovere un colonnello, parecchi veicoli militari da trasporto e una forza armata»), la costante presenza di UFO sulle strutture nucleari con capacità di interferire con esse monitorata negli anni Cinquanta e Sessanta, l’Incidente di Rendlesham Forest («Gli eventi che si verificarono in quei tre giorni sono tali da far apparire il film” Incontri ravvicinati del terzo tipo” un’opera amatoriale. Ho avuto il privilegio personale di interrogare parecchie delle persone che furono coinvolte in quell’incidente»), gli incontri in bassa atmosfera terrestre («Negli anni Novanta le missioni dello Shuttle continuavano a riferire avvistamenti interessanti»), i documenti dell’ex Unione Sovietica («Cosa che ci consentì di renderci conto del fatto che quello che vedevamo noi dal nostro lato dell’oceano, lo vedevano anche loro in Russia» ), fino a arrivare agli anni Duemila e al suo personale coinvolgimento nel programma AATIP.
Nel 2007 il mio governo ritenne necessario attivare un programma formale sugli UAP. Questo non vuol dire che non avessimo programmi di questo tipo prima! Ma non essendo stato io parte di questi programmi – sempre ammesso che siano esistiti – non sarebbe giusto che ne parlassi. Ricordate cosa ho detto all’inizio di questa discussione: io sono qui solo per fornirvi fatti. Nel 2007 viene attivato il programma e nel 2008 il nostro apparato di Intelligence viene incaricato di gestirlo. Tenete presente che le organizzazioni di intelligence sono usate per proteggere informazioni molto delicate. Nel 2010 il precedente direttore del programma lascia e io vengo assegnato come nuovo direttore. Ma in tutta onestà, devo dirvi che si tratta solo d’un cambio di nome. C’erano molte, davvero molte altre persone molto più in gamba di me concretamente responsabili per il successo di questa organizzazione. Venne anche stabilito che il programma avrebbe funzionato molto meglio operando alle dirette dipendenze del Segretario della Difesa. Verso l’ottobre dell’anno scorso, il direttore del programma (cioè io) decise di lasciare il Governo per via della frustrazione causatagli dalla burocrazia. Il mio ufficio non fu mai discreditato, ma era di fatto impossibile riuscire ad avere una conversazione con i livelli più alti della catena di comando: lo stigma era semplicemente troppo elevato. La domanda che sorge naturalmente a questo punto è: il programma esiste ancora? E io sono qui a dirvi che lo sforzo continua.»
Elizondo ha poi spiegato per quale motivo il fenomeno UAP ha una grande rilevanza militare e lo ha fatto ribadendo le cinque caratteristiche più peculiari di questi assurdi velivoli. A partire dalle accelerazioni istantanee: «Se un aeroplano deve cambiare direzione o puntare verso il cielo, vi sono forze inerziali che vengono sperimentate dentro e fuori l’aereo. Per mettere le cose nella giusta prospettiva, l’essere umano può sopportare fino a circa 9 G per brevi periodi di tempo quando indossa una apposita tuta anti-G. Dalla prospettiva della scienza dei materiali, alcuni dei nostri aerei più manovrabili possono raggiungere circa 20 G prima che le ali comincino a staccarsi. Gli oggetti che osserviamo producono forze che vanno oltre i 200 G. Si può facilmente immaginare che ottenere questa capacità di accelerazione istantanea sarebbe estremamente importante per un Paese che volesse migliorare le proprie capacità di manovra.» Secondo, la velocità ipersonica: «In alcuni casi, questi oggetti sono stati osservati volare a 8000 miglia all’ora e oltre (più di 14mila km/h). Ci sono poche, ma proprio poche cose che l’umanità ha sviluppato in grado di volare così velocemente nell’atmosfera e sappiamo bene come sono fatte.»
Terzo, la bassa osservabilità: «Come si può immaginare, questo tipo di tecnologia migliorerebbe la nostra capacità stealth». Quarto, la capacità di muoversi in diversi ambienti: «(…) Un aereo non ha l’aspetto di un razzo e un razzo non ha l’aspetto di un sottomarino e tutti si comportano in modo diverso fra loro. Eppure, quelle che osserviamo sono cose che possono operare tranquillamente nell’atmosfera, nel vuoto e sott’acqua senza cambiare le loro proprietà fisiche. E da un punto di vista militare, si può ben comprendere quanto tutto ciò sarebbe vantaggioso». Quinto, la portanza positiva: «È necessario comprendere la fisica e le forze che si applicano a un aereo affinché possa volare: spinta, portanza, resistenza e peso. E per ottenere la portanza, normalmente si ha bisogno di un qualche mezzo di propulsione. Per questo ci sono solo alcune scelte: elica, jet, razzo, sistemi più leggeri dell’aria e poche altre per le quali non voglio sprecare il vostro tempo. Ma il fatto è che per mantenere la portanza si ha bisogno di un movimento sostenuto in avanti. Eppure, quelli che osserviamo sono veicoli che possono funzionare come un aereo e come un elicottero e lo fanno in un modo che francamente non capiamo. Quindi, nuovamente ragionando da una prospettiva militare, se disponessimo di questa tecnologia, di queste capacità, godremmo di un vantaggio strategico. Ora, se una Nazione possedesse solo una di queste capacità, sarebbe un’assoluta rivoluzione nel modo in cui si implementano la sicurezza e la difesa nazionale. Invece qui abbiamo oggetti che dispongono di tutte e cinque le caratteristiche. Eppure, per il fatto che sulla coda non hanno una bandiera o un numero di matricola identificabile o, in questo caso particolare, non hanno nemmeno una coda, nessuno nel mio Paese voleva parlarne.»
Significativo anche un passaggio, passato tuttavia quasi inosservato, che Elizondo ha fatto illustrando una diapositiva composta da varie immagini con ingrandimenti di frammenti metallici. Qualcosa, ha detto, mai mostrato in pubblico prima: «Queste sono reali fotografie di materiali in nostro possesso. Abbiamo ottenuto questo materiale da varie fonti. Di una parte di esso conosciamo la provenienza e siamo in possesso delle relative analisi, effettuate da organizzazioni molto rispettabili, fra cui strutture governative. Ora, alcune di queste cose potrebbero rivelarsi piuttosto noiosamente terrestri. Ma alcune di esse rimangono tuttavia estremamente bizzarre, insolite e potrebbero non essere di qui. E come facciamo a saperlo? Consentitemi una piccola lezione di scienza dei materiali, cominciando dal grande al piccolo. Quando ci si imbatte in materiale strano, a livello macroscopico si cerca d’identificarne le proprietà fisiche: dimensioni, forma, consistenza e peso. Poi si verifica la sua conduttività elettrica. E qualsiasi tipo di vetrificazione del materiale o di ablazione da calore. O qualunque altro elemento che possa raccontare qualcosa sull’ambiente fisico in cui si è formato. E se si trova qualcosa di interessante, si comincia a scendere a livello molecolare, osservando i legami chimici che uniscono o legano il materiale. Ci sono materiali che non si trovano normalmente insieme? Ci sono proprietà fisiche insolite associate a questi legami chimici? Per esempio, il modo in cui sono disposte le molecole. E se si trova qualcosa di interessante, si scende al livello nano o, in questo caso, al livello atomico. E cominciamo a controllare cose come i rapporti isotopici. Tutto, su questo pianeta, ha la sua traccia, la sua impronta, e quando ci si imbatte in un materiale che ha un rapporto isotopico insolito, bisogna prestare attenzione a ciò che ha creato le condizioni per quel rapporto isotopico. Quindi, se il materiale sotto analisi presenta alti livelli di iridio o rapporti isotopici che non sono naturalmente presenti su questo pianeta, bisogna grattarsi la testa e chiedersi perché. In alcuni casi, questi materiali sono materiali multistrato che non dovrebbero trovarsi insieme e sono precisamente ingegnerizzati in una certa prospettiva isotopica. Inoltre, alcuni di questi materiali non siamo ancora in grado di riprodurli tecnologicamente». Esattamente come aveva detto Hal Puthof, proprio quello che avrebbe visto Lee Speigel.