Pilotare un aereo senza bisogno di cloche e di altri comandi manuali, ma semplicemente con il pensiero: una magia, un “superpotere” possibile solo in un film di fantascienza. Almeno così abbiamo pensato finora. Invece, sarebbe già una realtà e presto, molto presto, potremmo vederlo con i nostri occhi. A dirlo, il direttore del Biological Technology Office della DARPA, l’agenzia governativa del Ministero della Difesa degli Stati Uniti incaricata di sviluppare nuove tecnologie per scopi militari.
Pochi giorni fa, in occasione del 60esimo anniversario della sua fondazione- la Defense Advanced Research Projects Agency è nata infatti nel 1958, in piena Guerra Fredda- Justin Sanchez ha annunciato in forma ufficiale che è già possibile controllare più droni e persino jet utilizzando la forza della mente . La ricerca è partita nel 2015, quando una donna paralizzata è stata in grado di pilotare virtualmente un F-35 Joint Strike Fighter- un caccia militare di ultima generazione- dopo l’innesto, con un intervento chirurgico, di un microchip nel cervello. Da allora, la ricerca in questo settore avrebbe fatto passi in avanti molto rapidi e sorprendenti.
Secondo il giornale online DifenseOne.com, queste sono state le parole di Sanchez:” A partire da oggi, i segnali inviati dal cervello possono essere utilizzati per comandare e controllare non un solo velivolo, ma tre tipi di velivoli simultaneamente. I segnali trasmessi da quegli aerei possono essere rispediti direttamente al cervello in modo che il cervello di quell’utente possa anche percepire l’ambiente. Ci sono voluti un certo numero di anni per riuscire a capirlo.” Insomma, si è creata una sorta di conversazione telepatica tra l’Uomo e la macchina, così da poter capire a distanza cosa succede, quali minacce si profilano all’orizzonte e come intervenire per sventarle.
L’esperimento, ha poi aggiunto il direttore dell’Ufficio tecnologie biologiche della DARPA, è avvenuto solo pochi mesi fa: deve aver conseguito un risultato pienamente soddisfacente, per indurre i vertici dell’agenzia militare a renderlo pubblico a settembre. Una prova inconfutabile degli incredibili progressi nel campo dell’ interfaccia cervello-computer (Brain-Computer Interfaces o BCI in inglese ), uno dei settori di ricerca nel quale la difesa militare ha investito e creduto di più a partire dal 2007. Alcuni anni fa, ad esempio, la DARPA ha stanziato 4 milioni di dollari per sviluppare una forma di “telepatia sintetica” posizionando dei sensori sulla pelle, vicino ai centri motori del cervello.
Una tecnica meno invasiva di quella attuale, che invece prevede l’impianto di un microchip intracranico. Dunque le guerre del prossimo futuro saranno combattute da aerei senza equipaggio controllati in remoto dalla mente dei piloti ? Uno scenario a questo punto plausibile, che apre la strada a soldati cyborg con innesti sintetici (ora un piccolo circuito integrato nel cervello, domani chissà…) e ad esseri umani potenziati. Un giorno tutti noi comunicheremo telepaticamente, come si dice che facciano gli Alieni?
Tra pochi decenni, potremmo essere dotati di capacità oggi sorprendenti, di abilità al momento incredibili, le stesse che alcuni attribuiscono alle civiltà extraterrestri più evolute e che il pensiero mainstream considera soltanto come fantasie? Perché no. Forse aveva ragione lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke, autore di “2001- Odissea nello Spazio”, quando formulò la Terza Legge che prende il suo nome e che recita:“Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.”
SABRINA PIERAGOSTINI