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Freeman Dyson e le sue “Sfere” per trovare gli Alieni

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Se n’è andato un mese fa, alla bella età di 96 anni. Era una delle menti più brillanti del XX secolo. Fisico teorico e matematico, inglese naturalizzato americano, nella sua  lunga vita dedicata alla scienza Freeman Dyson si è occupato di elettrodinamica quantistica ed ingegneria nucleare, ma il suo nome sarà legato per sempre alla sua ipotesi, la cosiddetta “Sfera di Dyson”, esposta nel 1960 in uno studio pubblicato dalla rivista Science dal titolo “Ricerca di fonti stellari artificiali  tramite radiazione infrarossa” allo scopo di individuare eventuali civiltà avanzate sparse nel cosmo. Anche se lui, di sfere, non ha mai teorizzato…

IL MATEMATICO E FISICO TEORICO FREEMAN DYSON

IL MATEMATICO E FISICO TEORICO FREEMAN DYSON

Lo aveva spiegato anche in un’ intervista video del 2003, ancora visibile su Youtube: aveva scritto quell’articolo, raccontava,  proprio mentre i suoi colleghi  stavano iniziando a cercare segnali di intelligenza aliena usando i radiotelescopi. Nel testo, il fisico sottolineava che quello  poteva essere un ottimo metodo di ricerca, ma solo se gli Alieni fossero disposti a comunicare. Se invece preferivano starsene in silenzio, per riuscire a scovarli bisognava cercare le emissioni di calore prodotte dall’uso di energia, utilizzando sensori a infrarossi. «Sfortunatamente, alla fine aggiungevo l’osservazione che dovevamo cercare una biosfera artificiale», diceva Dyson.

Lui immaginava la presenza di uno sciame di oggetti in orbita attorno a stelle lontane che potevano mascherarsi tra la polvere spaziale, ma altri hanno interpretato il suo pensiero in modo errato, dando il via ad un’involontaria eredità. «Gli scrittori di fantascienza si sono impossessati del concetto e hanno immaginato che quella biosfera fosse una sfera vera e propria, una bella palla grande e rotonda. E così sono nate queste strane idee, finite persino in ‘Star Trek’», raccontava il fisico in quell’intervista. Infatti, in un episodio del 1987 della celebre saga sci-fi, l’Enterprise si trovava di fronte ad una stella avvolta da un’enorme struttura artificiale… Una “Sfera di Dyson” che a suo tempo fece sorridere lo scienziato: «Fu divertente vederla. Ma era anche del tutto assurda», il suo commento.

L'INCONTRO CINEMATOGRAFICO TRA L'ENTERPRISE E UNA SFERA DI DYSON

L’INCONTRO CINEMATOGRAFICO TRA L’ENTERPRISE E UNA SFERA DI DYSON

La “Sfera di Dyson” comunque non ha affascinato solo gli sceneggiatori di Hollywood, ma anche astronomi e astrofisici. Molti hanno considerato la proposta avanzata dall’illustre collega molti decenni fa tutt’altro che fantasiosa e hanno cercato riscontri- per ora, però, senza successo. Ad accendere gli entusiasmi, nel 2015, è stato il comportamento a dir poco anomalo di una stella, osservato e studiato per prima da Tabetha “Tabby” Boyajian, all’epoca astrofisica della Yale University. L’astro- nome ufficiale KIC 8462852,  poi soprannominato  “Tabby’s Star” o “Stella di Boyajian”- è poco più grande del Sole e mostra una stranezza di difficile interpretazione: ciclicamente, per alcuni giorni o settimane di seguito, la sua luminosità diminuisce fino al 22%. Troppo, per pensare che questo calo sia legato all’oscuramento prodotto da un pianeta in orbita.

Dopo che la Boyajian ha descritto queste bizzarre caratteristiche in un articolo scientifico, altri astrofisici hanno avanzato l’idea che forse proprio questa stella a circa 1500 anni luce da noi, nella costellazione del Cigno, poteva essere la prova regina per dimostrare che Freeman Dyson aveva ragione. In particolare,  è stato l’astronomo Jason Brown ad ipotizzare che ad eclissare la luce di KIC 8462852 fossero delle megastrutture costruite attorno ad essa da una qualche civiltà aliena molto evoluta tecnologicamente, allo scopo di sfruttarne al massimo tutta l’energia per le proprie esigenze di società interstellare. Affermazioni che, oltre a stuzzicare la fantasia del pubblico, hanno anche spinto i ricercatori a puntare sulla stella i più potenti radiotelescopi per capirne di più.

SAREBBE LA POLVERE COSMICA AD OSCURARE LA TABBY'S STAR

COSA OSCURA LA TABBY’S STAR?

Nel 2017, la NASA ha stabilito che a provocare gli sbalzi di luminosità sarebbe un disco di polvere e di detriti, con una struttura irregolare e mobile. Nel 2019, altri ricercatori hanno convalidato l’ipotesi, sulla base del tipo di radiazioni registrate dalle strumentazioni, sostenendo l’idea dello sciame cometario. Stranamente, proprio le spiegazioni che da subito la Boyajian aveva considerato come le meno probabili. Per questo, l’astronoma è tuttora convinta che servano ulteriori osservazioni per comprendere la vera natura di quello che stiamo vedendo: «In genere, quando la polvere cosmica circonda una stella, c’è anche un eccesso di infrarossi. Qui non lo vediamo affatto». Non solo: è stato dimostrato che la stella ha diminuito la sua luminosità complessiva di circa il 20% negli ultimi 100 anni. Per Tabetha Boyajian, comunque, il tutto non è opera degli Alieni, ma di qualche fenomeno naturale ancora sconosciuto.

Ma anche se la Tabby’s Star non fosse il primo esempio di stella sfruttata da una tecnologia extraterrestre, nulla vieta che altre invece lo siano e nessuno finora ha potuto dimostrare che l’intuizione di Freeman Dyson sia infondata. Anzi, sempre più esperti si convincono che per trovare intelligenze nello spazio vadano cercati artefatti fisici, oggetti e opere ingegneristiche costruite in qualche parte nel cosmo. Se ne è convinto anche il direttore del progetto SETI, Seth Shostak, impegnato da molti anni nell’ascolto di segnali radio provenienti da altri mondi. Eppure- proprio come diceva Dyson- se da questi mondi non c’è volontà di comunicare, oppure c’è l’interesse di non farsi captare- ecco che lo strumento migliore per “smascherare” la presenza di civiltà avanzate resta proprio la Sfera di Dyson.

UN'IPOTETICA SFERA DI DYSON

UN’IPOTETICA SFERA DI DYSON

Lo ha scritto in un articolo scritto l’anno scorso per la NBCNews online (ne abbiamo parlato nel dettaglio sul nostro blog nell’aprile 2019) per spiegare che le megastrutture aliene potrebbero essere la chiave per entrare in contatto con gli Extraterrestri. Rispetto alle onde radio, poi, le Sfere di Dyson presentano un vantaggio notevole: non è necessario aver puntato il radiotelescopio proprio nel luogo e nel momento esatto in cui ET emette il suo messaggio. Le stelle avvolte da pannelli solari, sonde, sfere o qualunque altra struttura in grado di assorbirne la luce sono sempre lì, nella volta celeste, a disposizione di chiunque voglia studiarle in qualsiasi momento. «Finora gli sforzi per trovare una Sfera di Dyson sono andati a vuoto e non ne abbiamo trovate. Ma domani tutto potrebbe essere diverso», sostiene Shostak. E chi un giorno ne troverà una, si guadagnerà, a ragione, il premio Nobel.

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